Martedì 21 novembre Ciccio Mannino, presidente di Officine Culturali, e Salvo Palla, studente del Liceo Scientifico “E. Boggio Lera” sono stati ascoltati dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati per l’audizione in seno alla “Indagine conoscitiva sulle buone pratiche della diffusione culturale”: ecco il loro intervento e il video completo.
Un Rifugio Antiaereo in un
Liceo in un Monastero: 40 studenti, la loro impresa culturale per raccontare e
vivere Catania
«Sono Francesco Mannino,
presidente della Associazione Officine Culturali. La mia associazione, in
procinto di acquisire la qualifica di impresa sociale, si occupa di attività di
fruizione e mediazione culturale in alcuni luoghi della cultura della città di
Catania. In particolare l’Associazione opera al Monastero dei Benedettini,
immenso complesso pluri-architettonico un po’ tardo-barocco un po’
contemporaneo: l’edificio, sede universitaria e spazio pubblico tra i più
permeabili della città, funge anche da grande laboratorio dell’associazione.
Qui e in altri siti si sperimentano processi per rendere il patrimonio
culturale un bene comune e un luogo accessibile di cittadinanza e coesione
sociale. Oggi Officine conta 10 dipendenti che sono soci dell’Associazione
(insieme ad altri soci molto attivi), tutti assunti a tempo indeterminato con
Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Federculture: un primo passo verso il
riconoscimento pieno delle professionalità sviluppate ed esercitate
quotidianamente.
La nostra organizzazione ha
saputo della novità introdotta dalla Legge 107 in materia di Alternanza Scuola
Lavoro, ritenendola una straordinaria opportunità. Siamo partiti dalla
considerazione che il rapporto tra luoghi della cultura e adolescenti è spesso
di reciproca indifferenza, con una forte responsabilità da parte di primi.
Spesso i musei, i teatri, le biblioteche e gli archivi considerano la loro
missione in termini di trasferimento della conoscenza come un atto meramente
divulgativo che comporta un deficit tra esperti e discenti, per cui la
metodologia da applicare consiste prevalentemente in una “semplificazione” dei
contenuti, così da renderli accessibili a giovani ascoltatori passivi. Un
disinteresse a sperimentare nuove metodologie di comunicazione sociale che ha
portato ad un progressivo abbandono da parte dei ragazzi di luoghi e attività
importanti per la loro crescita, la loro partecipazione e la loro ricchezza
culturale e per la strutturazione degli strumenti indispensabili per affrontare
la complessità della vita. Uno scenario di esclusione culturale causata da
barriere cognitive, sociali e spesso anche economiche che contribuisce ad
aumentare la sempre più diffusa povertà educativa del nostro Paese.
La nuova museologia, ma in
generale il dibattito sulla democratizzazione dei luoghi della cultura, ci ha
spinto a considerare i luoghi e le attività culturali dei tasselli fondamentali
per il consolidamento e la coesione delle nostre comunità, inclusi i minori che
ne fanno parte. Per questo riteniamo necessario che i meccanismi di
trasferimento delle eredità culturali siano il più possibile processi di
mediazione culturale partecipativa e generativa, improntati al coinvolgimento
attivo dei cosiddetti destinatari. Nella fattispecie degli adolescenti
riteniamo inoltre che – come ampiamente dimostrato dalla letteratura di settore
(Bollo, Gariboldi, 2008; Mascheroni, 2012; Cimoli, 2017) – i ragazzi debbano
essere coinvolti in attività socializzanti che li vedano attivi nella
produzione di contenuti e progetti. Un altro limite dei progetti culturali, in
particolar modo quelli relativi agli adolescenti, riguarda i tempi di durata:
spesso le attività di educazione al patrimonio si risolvono in poche settimane,
se non giorni o ore, non riuscendo a garantire un periodo di sedimentazione
necessario a produrre di per sé una consistente efficacia degli effetti
dell’azione realizzata.
In tal senso l’Alternanza Scuola
Lavoro estesa ai licei ci è sembrata una occasione per sperimentare progetti di
avvicinamento alle professioni del comparto culturale, in particolare quelle
legate alla progettazione, gestione, e mediazione dei luoghi e delle attività
culturali, che fossero lunghi, partecipati, socializzanti e concreti.
Per questo, nella fattispecie del
progetto con il Liceo Scientifico Boggio Lera di Catania, riguardante il
recupero del Rifugio antiaereo in esso contenuto, abbiamo ritenuto che
coinvolgere due classi di ragazzi intorno all’obiettivo di immaginare un futuro
aperto e accessibile di un bene comune interno alla propria scuola, e per un
tempo di svolgimento progettuale ragionevolmente lungo di tre anni, ci è
sembrato il modo migliore per applicare tali considerazioni preliminari.
All’inizio del terzo anno di
attività ci sentiamo di poter affermare che le metodologie sperimentate abbiano
prodotto alcuni interessanti risultati.
Innanzitutto i ragazzi hanno
conosciuto dall’interno cosa significa per una impresa culturale non profit
lavorare per il patrimonio culturale del proprio territorio, in termini di
missione, obiettivi e azioni. Nel dettaglio gli studenti hanno conosciuto le
diverse professioni che sono necessarie a rendere completa, efficace ed
efficiente una mediazione culturale tra beni e comunità. Poi i ragazzi hanno
potuto lavorare, insieme, a progettare la propria visione di un bene preciso e
con una precisa storia, partendo dalle diverse considerazioni sui bisogni a cui
le attività progettate dovevano rispondere e, accompagnati da esperti e tutor,
lavorando sui prodotti adeguati. Il senso di appartenenza sviluppato attorno a
progetti di utilità sociale e potenziale sostenibilità economica hanno
rafforzato nei ragazzi un attivismo civico che già è presente nelle scuole, ma
che così è stato proiettato sul piano dei temi dell’intera comunità, e non solo
di quella scolastica.
Dal canto nostro, possiamo
riportare una grande soddisfazione per avere contribuito a questo rafforzamento
civico, che oggi possiamo rilevare dai comportamenti dei ragazzi e dai feedback
dei loro docenti. L’azione è evidentemente servita, ma ha anche dimostrato
diverse lacune e criticità.
Innanzitutto l’Alternanza ha
messo spesso a nudo alcune difficoltà che le scuole hanno a prescindere da
essa, come il sovraccarico che docenti e studenti si trovano a dover affrontare
in una pletora di attività integrative a quelle curriculari. Inoltre, proprio
queste attività (PON, ASL, etc.) dimostrano un fabbisogno progettuale che
spesso le scuole non riescono a soddisfare, richiedendo l’aiuto di soggetti
esterni -spesso associazioni o progettisti – coinvolti a titolo informale e
sulla scorta delle relazioni territoriali costruite nel tempo. Si delinea
quindi un sistema integrato tra scuole e organizzazioni del territorio che
diventa di fatto un nuovo sistema formativo, ma che non è codificato e che
pertanto sfugge alla sistematizzazione. In questo sistema informale le
organizzazioni culturali non profit costituiscono spesso un partner strategico,
capace di portare competenze progettuali, professionalizzanti e esperienze
praticabili dai ragazzi. L’intento di molte di queste organizzazioni, come
detto in premessa, è quello di agire sulle barriere culturali, aggredendole e
ridimensionandole, e al contempo aumentando la portata generativa del
patrimonio e delle attività culturali: conoscenza della complessità storica e
sociale, consapevolezza del presente, consolidamento delle comunità,
costruzione cosciente del futuro.
Ma queste organizzazioni spesso
sono sole, agiscono costruendo welfare ma del tutto delegate e tra l’altro
informalmente, senza risorse e facendosi completamente carico degli oneri che
ne derivano, in termini di competenze, tempo, personale, materiali, gestione.
Ne viene fuori un welfare nuovo, misto, ibrido, ma spesso delegato a specifiche
relazioni, quasi deregolamentato, poco sostenibile, a rischio di estinzione.
É intenzione di molte
organizzazioni come la nostra quella di poter contribuire al rafforzamento
delle comunità e in particolare dei minori, ma è necessario che questi sistemi
vengano riprogrammati, che corrispondano a politiche pubbliche coscienti dei
risultati generati, capaci di valutarne gli effetti e gli impatti anche sul
medio e lungo termine. Politiche che riconoscano nelle imprese culturali non
profit una risorsa per l’utilità sociale e che di conseguenza forniscano
risorse e strumenti affinché le azioni intraprese siano davvero tasselli di un
disegno comune e condiviso, proiettato verso le esigenze di comunità in forte
cambiamento.
A proposito dello specifico
progetto con il Liceo Boggio Lera, vorrei che ne parlasse uno degli studenti
coinvolti: Salvatore Palla.
Io sono Salvatore Palla, e sono
qui oggi in veste di rappresentante di due classi del Liceo Scientifico E.
Boggio Lera di Catania. Le classi già da due anni sono coinvolte in un progetto
di Alternanza Scuola Lavoro avente come nucleo la rigenerazione di un rifugio
antiaereo abbandonato e risalente alla Seconda Guerra Mondiale. Vi starete
chiedendo come mai questa scelta: questo spazio ha sede all’interno
dell’edificio scolastico e il suo recupero ci avrebbe permesso di fare alcune
cose. Innanzitutto di studiare e conoscere i fatti storici risalenti a quel
periodo; poi di avvicinarci al mondo della gestione dei musei e delle imprese
culturali che vi organizzano le attività; infine di restituire un bene comune
agli studenti ma anche al resto della comunità. Questo progetto di Alternanza è
stato possibile grazie alla collaborazione del Liceo e dei suoi docenti tutor
con tre associazioni del territorio, ovvero Officine Culturali, Comitato Antico
Corso e Centro Speleologico Etneo. Durante questi anni ci siamo suddivisi in
gruppi, ognuno avente uno specifico obiettivo, dal reperimento di documenti
relativi all’edificio scolastico e al rifugio, alla creazione di percorsi
fruibili dai diversi pubblici, alla comunicazione di tutte le attività. Tutti
insieme abbiamo lavorato alla redazione di un progetto con cui abbiamo
partecipato al bando Culturability 2017, classificandoci tra i 15 finalisti
selezionati tra ben 429 progetti presentati. Come studenti sentiamo di aver
sviluppato diverse competenze nel settore della progettazione culturale; siamo stati
coinvolti in prima persona nella progettazione di tutte le attività; e infine
abbiamo lavorato su un progetto dai potenziali sviluppi molto concreti, che
potrebbero riguardare anche il nostro futuro lavorativo dopo la scuola. In
generale siamo molto cambiati da quando abbiamo avviato il progetto di
Alternanza, perché sentiamo di essere cresciuti insieme ad esso.
Ma allo stesso tempo,
confrontandoci con altri nostri coetanei, noi risultiamo essere un “caso raro”
tra i diversi progetti di Alternanza di cui si sente parlare in giro. In
generale si avverte molto malcontento perché tanti studenti avevano aspettative
più alte su quello che l’Alternanza avrebbe comportato per loro. Molti si
aspettavano progetti più inerenti ai propri percorsi di studio, e magari in cui
avere un ruolo attivo, e non sempre passivo. Abbiamo avuto l’impressione che le
scuole siano state lasciate sole ad affrontare la sperimentazione
dell’Alternanza, con il solo aiuto degli enti esterni. Noi stessi abbiamo
iniziato questo percorso come “cavie” e tutt’ora lo siamo, e all’inizio ci
siamo sentiti costretti a seguire la novità, senza potere dire la nostra su
cosa sarebbe stato meglio per noi studenti, e cosa invece evitare. Nella
fattispecie alle nostre classi è stata fatta la proposta del progetto dei
Rifugio ma noi abbiamo potuto via via dire la nostra: ci piacerebbe che anche
gli altri progetti consentano di coinvolgere attivamente gli studenti, perché
anche in questo modo si impara a diventare cittadini. Infatti questo è il
sentimento che proviamo, e ci piacerebbe che l’Alternanza Scuola Lavoro
diventasse in futuro proprio Alternanza Scuola Cittadinanza!
Francesco Mannino – Officine
Culturali
Salvo Palla – Liceo
Scientifico “E. Boggio Lera”